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Tanto tempo fa, a nord-ovest di Ionia, si poteva ammirare la bellissima e placida isola di Koyehn. Tra sabbie dorate, bazar stagionali e una pittoresca cittadina, sorgeva il Tempio di Koyehn, un antico e rinomato conservatorio d'arte.
Lukai Hwei era nato con il diritto di ereditare quel tempio.
Gentile e precoce, Hwei trascorse l'infanzia trasferendo sulla tela i suoi sogni più vividi, nei quali trasformava il mondo attorno a sé in panorami surreali e fantastici. Sapeva bene che le sue visioni non rispecchiavano la realtà, ma attraverso di esse riusciva a vedere la vita stessa come arte. Hwei era talmente in sintonia con le sfumature del mondo che persino il colore dei suoi occhi iniziò a cambiare tonalità per riflettere i suoi pensieri e il suo umore.
Hwei esprimeva la sua vivace immaginazione tramite la magia della pittura, con cui riusciva a influenzare le emozioni del suo pubblico. Un tale potere richiedeva disciplina e controllo assoluto per non soverchiare percezioni mentali e sensazioni corporee. I praticanti che non potevano o non volevano controllare la propria arte mettevano in pericolo se stessi e la comunità, e venivano banditi dallo stesso Koyehn.
Nonostante questi precetti, il giovane Hwei non poneva freni alla sua immaginazione. Durante una dimostrazione al cospetto dei maestri del tempio, ricreò il mare che circondava l'isola. Tuttavia, mentre il colore fluiva sulla tela, ne perse il controllo. Fu investito da un'emozione selvaggia e insondabile come l'oceano, e si arrese alla sua bellezza. Tutto attorno a lui diventò nero, e l'ultima cosa che vide furono i suoi maestri sbalorditi che annegavano.
Hwei si svegliò alcuni giorni dopo, circondato dai suoi maestri: erano vivi, ma furibondi. Non avrebbero mai esiliato l'erede del tempio, ma ribadirono con fermezza le sue responsabilità. Hwei era tanto terrorizzato quanto affascinato dalla profondità del suo potere, e bramava di esplorarlo ulteriormente.
Così, mentre di giorno si atteneva alle convenzioni di Koyehn, di notte in solitudine si spingeva oltre i propri limiti, cercando di comprendere la grandezza del suo potere. Col tempo, l'allenamento permise a Hwei di concentrare l'intensità della propria immaginazione, riuscendo a manifestare una tavolozza di colori magici.
Divenuto adulto, Hwei ormai padroneggiava la sua arte, e con passione e umiltà si preparò a ricevere ciò che era suo per diritto di nascita, circondato dal rispetto e dall'affetto dei suoi pari. Tuttavia, una parte della sua mente continuava a nascondersi dietro al velo della notte.
Vi rimase finché al tempio non giunse in visita un artista itinerante: Khada Jhin.
Hwei restò al fianco di Jhin per tutta l'estate, facendogli da guida per Koyehn. Spesso condividevano le rispettive visioni creative e, nonostante le differenze, Hwei riconosceva il virtuosismo di Jhin e apprezzava molto il tempo trascorso con lui.
Tuttavia, la notte prima della sua partenza, Jhin sfidò Hwei. Jhin sentiva che le opere che Hwei mostrava agli altri erano solo una facciata, e voleva vedere ciò che sapeva fare davvero. Hwei cercò di negarlo, ma i suoi occhi lo smentivano. Dopo tanti anni trascorsi creando arte vuota, ora la sua immaginazione gli implorava una catarsi.
Così, Hwei dipinse. Il suo pennello si muoveva con la destrezza donata da decenni di pratica. La notte prese vita, colorata dalla vivida immensità della sua mente. Le emozioni lo pervadevano in modo armonico e viscerale, e Hwei le accolse a braccia aperte. Condividere quelle visioni proibite con qualcun altro lo rendeva estatico e faceva risplendere i poteri della sua arte: legame, ispirazione, libera creazione.
Jhin osservò tutto. Alla fine, con occhi ardenti e un tono imperscrutabile, lo salutò dicendo il giorno dopo sarebbe partito "per veder fiorire i loti".
All'alba, Hwei e i suoi compagni artisti si svegliarono circondati da tragedie.
La prima: quattro dipinti storici e preziosi erano stati distrutti.
La seconda: un'opera d'arte composta dai corpi di quattro persone, i maestri che da giovane Hwei aveva quasi ucciso.
La terza: i quattro piani inferiori del tempio erano avvolti dalle fiamme.
In mezzo a quell'inferno, Hwei immaginò l'aria riempirsi di colori. Tutto ciò che nascondeva dentro di sé era sgorgato fuori.
Era terrificante. Era splendido. Era... arte. Comprendendone l'oscuro potenziale di distruzione, devastazione e tormento, Hwei provò lo stesso orrore e lo stesso fascino che sentì in gioventù.
Il tempio collassò su se stesso, e Hwei fu l'unico a sopravvivere al crollo.
Distrutto e schiacciato dalla colpa, pianse amare lacrime. Ciononostante la sua immaginazione galoppava, facendogli rivivere ogni istante di quel disastro.
Nei giorni seguenti, Hwei fu impegnato a celebrare i funerali con l'aiuto degli abitanti della città. Dopo il tramonto, faceva visita alle rovine cineree e dipingeva. La tua tavolozza assunse la forma dello stemma di Koyehn, lo stesso che portava sul cuore.
In una di quelle notti, Hwei trovò i resti di una trappola sotto alle macerie... e notò che somigliava a un fiore di loto.
Capendo chi aveva creato quel caos, si sentì travolgere da una cascata di emozioni. Paura. Dolore. Tradimento... Ammirazione.
In lui sentiva ardere una sola domanda: perché?
Voleva davvero conoscere la risposta? Oppure sarebbe stato meglio seppellire quella sua brama di sapere? Poteva restare tra la sua gente, col suo ruolo di erede, e aiutarli a ricostruire il tempio... oppure...
Portando con sé poco più che i suoi pennelli e la sua tavolozza, Hwei si lasciò alle spalle l'isola e la sua gente.
Da quel momento, Hwei ha imparato che può avere le risposte che cerca rivelando la reale entità della sua arte agli altri. Ora insegue i malvagi fin negli angoli più oscuri di Ionia, scatenando contro di loro immagini di dolore che gli permettono di sondare la sua stessa sofferenza, e tende una mano alle vittime, testimoni quanto lui di quello strazio, condividendo scene di tranquillità e riflessione.
Incarnando tanto l'implacabile artista sorto dalle ceneri quanto l'uomo gentile venuto da un'isola un tempo pacifica, Hwei affronta i colori più disarmonici di Ionia e la propria immaginazione. Mentre continua sempre di più ad addentrarsi tra le ombre, la sua mente traboccante di possibilità illumina il suo cammino.
Tuttavia, sarà solo il tempo a dire quale delle sue tante tonalità avrà il sopravvento.