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INSEGUIMENTO
Doppie scariche di energia esplodono sopra di me, in una cascata di scintille. Scatto lungo la strada. Alle mie spalle sento i passi di un crono-agente riecheggiare tra le pareti strette. Veloce. Determinato. Detesto ammetterlo, ma è più veloce di me...
Per fortuna che ho qualche asso nella manica!
Al primo incrocio, faccio una finta a destra, correndo per due passi verso il vicolo, per poi spostarmi all'indietro, teletrasportandomi oltre la breve distanza che mi separa dall'incrocio, per poi prendere la direzione opposta. Una classica finta di fuga, una manovra che ho perfezionato in mille inseguimenti. Applausi, prego. Avere una tuta Pulsefire che piega lo spazio entro brevi distanze è mooolto comodo.
Peccato che lui se ne sia accorto. Non so come.
In un istante è davanti a me e mi sta già sparando con entrambe le armi. Movimento crono-potenziato. Non ci sono altre spiegazioni. Alzo le mani, perché bisogna sempre proteggere la faccia. Il primo colpo rimbalza sul mio braccio-cannone, ma il secondo mi colpisce in pieno petto, sbalzandomi da terra. Cado con un tonfo sordo. Sento gli allarmi che mi suonano a tutto volume nelle orecchie. Sparo un colpo, ma lui lo schiva con facilità. Ha le armi puntate su di me, è così vicino che sembrano quasi solleticarmi il naso. Alzo le mani e sposto con un soffio una ciocca di capelli finita sugli occhi. È quasi ironico come i viaggi nel tempo non lascino tempo di andare dal barbiere... nulla più che una distrazione mentre la mia tuta cerca di attivare i sistemi delle armi.
L'agente mi guarda attraverso il suo visore. "Non mi scapperai anche questa volta," dice. Sbuffo. Quindi ha già incontrato il me del futuro, il che spiega perché conosce la mia mossa migliore.
Devo ricordarmi di inventare altre mosse.
"Tempo scaduto, Ezreal. Hai creato abbastanza anomalie per un'intera vita."
Lo derido: "Sul serio? Sei un agente dei Rimembranti, viaggi nel tempo, e questa è la battuta migliore che ti viene in mente?"
Non so come, ma la sua espressione si fa ancora più accigliata.
"Sai che dovrai arrestare criminali e fuggitivi del tempo, ti sei preparato per tutta la tua carriera, e apri con... Tempo scaduto?"
Ormai il cipiglio ha lasciato spazio alla rabbia. Si avvicina così tanto che sento il calore della canna delle sue armi. "Questa volta non la fai franca, moccioso di un teppista che non sei altro..."
"Spostamento arcano ricaricato." Finalmente! Sento la voce di Pearl e non voglio lasciare che il signor Poca Fantasia finisca il suo pensiero, quindi mi teletrasporto dietro di lui.
O almeno, teletrasportarmi dietro di lui è quello che avrei dovuto fare.
Tutto diventa bianco, come sempre, ma il nucleo della mia tuta si accende ed emana scintille dal centro del mio torace, dove mi ha colpito quel fortunello dell'agente. Arrivo esattamente dove sono partito.
Uh, oh.
Crack! Prima ancora di sentire il dolore, sento il suono del mio naso che si rompe. Vedo le stelle... Non in faccia! Non si fa! Sento il rumore delle sue armi. Non mi piace per niente.
Ci vuole una di quelle nuove mosse speciali.
Sovraccarico il mio cannone e sparo un'ondata di energia devastante. L'agente schiva il colpo (davvero, quanto è veloce questo tizio?), ma l'ondata distrugge la strada, i muri e le scritte al neon, risparmiando spero i passanti innocenti, sparando detriti in ogni direzione.
Non mi trovavo in un guaio simile da quando ero uno stupido ragazzino. Ma da allora ho imparato quando fuggire sparando e quando limitarsi a sparire.
"Portami via da qui, Pearl," dico, allontanandomi più velocemente che posso. "Abbiamo energia per un salto?" Qualcosa di bagnato mi scende sulle labbra, mi passo la mano sul viso. Sto sanguinando. Mi sono sicuramente rotto il naso. Ma che bello.
"Crono-salto instabile," dice Pearl, con la sua voce eternamente calma. "Nucleo Pulsefire danneggiato."
"Non è un no, quindi lo prenderò come un sì!" Giro la mano all'interno del mio cannone da braccio. Sento il familiare rumore del drive del crono-salto che si scalda. Inizio d'istinto a comporre la destinazione con le dita, ma mi fermo. No. Non posso tornare da lui per risolvere tutti i miei problemi. E poi non riesco a tollerare l'idea di vedere quella faccia da sbruffone, in questo momento...
Un urlo furioso. Mi guardo sopra la spalla. L'agente esce dal cumulo di polvere e macerie con le armi spianate, sparando all'impazzata nella mia direzione.
Devo averlo proprio fatto arrabbiare, quando l'ho incontrato. Quando lo incontrerò. Quando avrò incontrato lui che incontra me.
I viaggi nel tempo sono un po' complicati.
I colpi di energia invece sono semplicissimi. Lascerò che sia il destino (cioè Pearl) a decidere dove andrò, sparando il portale davanti a me. Ma invece di vedere chiaramente la mia destinazione, sulla superficie vedo un disturbo bianco e blu.
Non è il momento di esitare. Mi tuffo verso l'ignoto. Piuttosto che diventare un cumulo fumante di Ezreal, preferisco qualsiasi altro posto.
Sento il nucleo sul mio torace vibrare e agitarsi, mentre attraverso la soglia. Fa partire una scarica di elettricità e inizio a precipitare in un qualche flusso temporale.
Sì. Sarà un problema.
SCUDO
Non mi ha notato. Non ancora.
La furtività non è il mio forte. Sono più il tipo che spara subito e le domande non le fa mai. Ma considerando lo stato attuale del mio nucleo Pulsefire... Beh, momenti inusuali impongono tattiche inusuali.
È lì fermo, con lo scudo al suo fianco. La lancia è conficcata a terra lì vicino. Fedele. Lucente. Che noia.
Dopo avermi lasciato in una dimensione alquanto sgradevole (i moscerini succhiasangue non dovrebbero mai essere così grandi), Pearl è riuscita a estrarre abbastanza energia dal mio nucleo per agganciarsi alla crono-impronta di un segnale Pulsefire nei pressi (anche se tutto è relativo, in questo contesto). Buona notizia per me, ma cattiva per l'agente che sto per assaltare per privarlo del suo nucleo Pulsefire.
Perché riparare qualcosa, quando puoi rubarlo... ehm, prenderlo in prestito?
Per uno scherzo del destino, questo agente lo conosco. Pantheon. Un marcantonio. Un tipo burbero: sempre di pessimo umore, forse con una storia tragica alle spalle, bla, bla, bla.
Al momento è sopra le macerie di un edificio che non riconosco. A dirla tutta, non riconosco tutta questa dimensione, che è un po' uno schifo. Strutture in rovina. Vegetazione decimata. Ovunque ci sono segni di guerre chimiche e meccaniche. Che presa male.
Mi sposto in avanti, arrivando comodamente alle sue spalle, e appoggio delicatamente il cannone contro la sua nuca. "Non una mossa," ringhio con la voce più minacciosa che riesco a fare.
Rimane immobile. Da dietro riesco a vedere il suo visore che si anima, forse nel tentativo di capire chi sono.
"Ezreal," dice a bassa voce.
"Come butta, Panth?" dico ridacchiando, per poi ricordarmi che dovrei fare quella cosa della voce ruvida e minacciosa.
"Ero qui a cercarti, quand'ecco che all'improvviso sei tu a venire da me." La calma nelle sue parole è tradita dalla tensione nella sua voce e da un impercettibile movimento dello scalpo, che indica che sta digrignando i denti furiosamente. A parte tutto, sa benissimo che sono a un soffio dal fargli saltare per aria quel bel volto scolpito.
"Senti, Panth, so che sono successe delle cose l'ultima volta che ci siamo visti," dico sporgendomi in avanti. "Ma il fatto è che oggi non ho tempo per te o per questa landa desolata..."
"La responsabilità di questa landa desolata è tua." Lo dice in un modo che mi lascia senza parole. Diretto, innegabile, come un dato di fatto.
"Uh, non penso proprio." So che sta guadagnando tempo. So che non dovrei chiedere perché. È letteralmente quello che ho fatto all'ultimo agente con cui ho parlato.
Non ce la faccio.
"Solitamente mi ricordo quando devasto una dimensione, grazie."
"I rinnegati senza scrupoli come te sono i responsabili di tutto questo." Lo sguardo di Pantheon si posa sul paesaggio devastato davanti a noi, e anch'io non posso fare a meno di guardare. "I salti imprudenti provocano paradossi. I paradossi aprono anomalie nello spazio-tempo. Poi... arrivano i Pretoriani."
Sento un brivido lungo la schiena. Pretoriani... qui...
Pantheon fa per alzarsi e io punto il mio cannone, come avvertimento, preparandolo a sparare. Lui non fa una piega. "Un tempo questa era la mia casa. Mi hanno portato via tutto."
Certo, di rischi ne corro parecchi. A volte pure grossi. Ma non sono mai imprudente. Ma non posso dire di non aver causato qualche paradosso...
"Pantheon," dico, abbassando di qualche centimetro il mio cannone.
Grosso errore.
Pantheon mi salta addosso ed emette una barriera energetica dallo scudo. Io sparo, ma sono in ritardo di una frazione di secondo. Si schianta contro di me, e sento il mio naso rompersi una seconda volta. Sono stordito. La sua mano sinistra si estende per chiamare la sua lancia. Recupero i sensi giusto in tempo per spostarmi via dal suo attacco perforante.
"Risponderai dei tuoi crimini davanti ai Rimembranti!" dice con tono rabbioso.
Accidenti. È subito finita male. Non è uno scontro che posso permettermi in queste condizioni. Pantheon scaglia la sua lancia e io spingo la tuta al limite, spostandomi più che posso su per una collina.
Preparo il cannone da braccio per un crono-salto e sento la tuta vibrare mentre Pearl cerca di convogliare abbastanza energia nel nucleo danneggiato. "Stabilità salto gravemente compromessa, si consigliano i protocolli di sicurezza..."
La lancia di Pantheon vola verso di me e io mi accuccio appena in tempo. Si va a schiantare contro i resti di una grande statua di pietra, riducendola in polvere.
"Pearl! Ignora i protocolli! Ora!" Non voglio aspettare conferme e sparo con il cannone, per poi trovare sollievo mentre attraverso la soglia del portale. Il sollievo viene rapidamente seguito da una scossa di dolore, dovuta all'etere libero tra una dimensione e l'altra. Cado, precipitando verso un destino ignoto...
CONTRATTACCO
Mi sveglio con un sussulto.
Mi fa male tutto. Come se mi avessero sbattuto nella centrifuga della lavatrice.
Qualcuno mi sta tenendo la testa. Vedo il viso di una donna. Rigido e austero, ma al momento ammorbidito dalla preoccupazione.
"Grazie al cielo," dice. "Pensavamo di averti perso in quell'ultimo salto."
"Dove..." provo ad alzarmi, ma un arco di elettricità parte dal nucleo nel mio torace e provoca uno spasmo a tutti i muscoli sul mio lato sinistro, lasciandomi in preda al dolore.
"Non va bene per niente," dice la donna. "Non abbiamo molto tempo. Lui era appena dietro di noi. E lo sciame pretoriano..." Scuote la testa. "Lucian e Pantheon sono andati avanti e Caitlyn sta cercando di salire per trovare una posizione vantaggiosa."
Resisto al dolore e mi alzo in piedi. Conosco due nomi dei tre che ha appena pronunciato, e non sono certo quelli che volevo sentire dopo essermi risvegliato da una caduta nell'ignoto dello spazio-tempo.
Anche la donna si alza, porgendomi le mani per calmarmi.
"Quando mi trovo?" chiedo, tenendomi il torace. "Chi sei?"
Più la guardo, più sono confuso. È chiaramente un'agente. La crono-lama al fianco. Il nucleo Pulsefire della sua tuta, a occhio un modello futuro, più elegante. Quello stupido spallaccio singolo. Che sciocchezza. Roba da Rimembranti.
La confusione si dipinge sul volto della donna, che poi spalanca gli occhi, allarmata. "Non sei il nostro Ezreal," dice.
"Senti, signora, non sono l'Ezreal di nessuno. Sono l'Ezreal di Ezreal." Mi guardo intorno. Sono in una strana sala di bianco metallo, liscio e vivente, con accenti cromati. Le lampade dalle luci blu illuminano il soffitto a intervalli regolari. Sembra quasi di essere dentro una tuta Pulsefire.
Mi viene un brivido di terrore. Non può essere. "Questa... è..."
"La cittadella dei Rimembranti. Ma tu non dovresti essere qui. Non so da quando tu venga, ma te ne devi andare prima di arrivare. Ehm, prima che arrivi l'altro te." La donna stringe gli occhi. "Sarà meglio che arrivi. Se sei morto, ti uccido."
Scuoto la testa. "Non ho idea di cosa o di quando stia succedendo," dico puntandole il cannone da braccio al petto. "Ma ora mi prenderò il tuo nucleo Pulsefire," dico con il tono più minaccioso che posso.
Proprio in quel momento, il cannone da braccio s'inceppa ed emette scintille. "Sistemi da combattimento al dieci per cento dell'energia," mi dice Pearl nell'orecchio, con un volume straordinariamente alto.
A giudicare dall'espressione della donna, l'ha sentito anche lei.
"Ah. Vieni sicuramente dal passato." La donna si pizzica tra gli occhi, come per scacciare un mal di testa. "Avevo dimenticato quanto fossi fastidioso."
Faccio una smorfia adorabile. "Non sono fastidioso. Sono affascinante."
Lei si ferma all'istante. Stringe gli occhi e inizia a marciare verso di me. Faccio un passo indietro, ma ha già coperto la distanza e sta puntando un dito contro il petto.
"Quindi è per questo che mi hai detto quella storia ieri notte." Stringe sempre di più gli occhi. "Di come ti ho già salvato la vita due volte. E di come l'avrei fatto almeno un'altra volta, prima della fine di tutto questo."
"Ascolta, ti giuro che non so di cosa stai parlando..."
Non aspetta nemmeno la mia risposta, ma mi afferra per il torace e mi caccia una mano dentro il colletto. Provo a urlare, ma ha attivato una sorta di meccanismo, e il nucleo sul mio torace inizia a girare e si apre, rivelando i suoi meccanismi.
OK. Non è la prima volta che lo fa, è evidente.
Prima che possa protestare, dai suoi guanti emergono nodi diagnostici e microstrumenti, e si mette al lavoro.
"Lo stai... riparando?" chiedo, incredulo.
"Sei stato proprio un idiota. Guarda. Che razza di danni. Hai combattuto con Lucian? Hai combattuto con Lucian. Incredibile che non ti abbia ucciso. Ha sempre avuto una mira migliore." Non sta nemmeno parlando con me, ma borbotta sottovoce mentre lavora. Cerco di stare fermo. Lo so persino io che è meglio evitare movimenti bruschi, quando c'è un nucleo energetico cronomanipolante aperto ed esposto.
Sentiamo un rumore nella sala, seguito dall'inconfondibile suono dei blaster. Cambio espressione e abbasso il collo per guardare, ma la donna mi dà uno strattone sulla tuta.
"Sta' fermo," mi dice.
Volano scintille blu e piccoli sbuffi di fumo, poi mi lascia andare e il nucleo ruota e torna in posizione. Abbasso lo sguardo. Il bagliore è più tenue del solito, ma non ci sono più archi di elettricità ogni manciata di secondi.
"Funziona," dico meravigliato.
"Per un solo ultimo salto, prima che si rompa del tutto. Forse," dice. "Ora vai!"
Si gira per andarsene, poi si ferma. Infila una mano in tasca e mi lancia qualcosa. La afferro.
"Quando ci incontreremo, non avrò pietà," dice. "Ricordati di mostrarmi quella. Altrimenti ti ucciderò."
Si tratta di una moneta con uno stemma, una lama sottile incisa sopra una rosa stilizzata. Ho così tante domande. Ma delle voci, seguite dal suono dei blaster, riecheggiano nella sala.
"E sono due," dice la donna tra sé e sé. "Non c'è tempo di vedere come andrà la terza. Due dovranno bastare."
"Non sei molto rassicurante!" le dico urlando, ma lei sta già correndo. M'ignora, gira l'angolo e sparisce.
Tocco il nucleo sul mio torace. Un ultimo salto, eh? Non posso farci niente. Rimane solo una persona che potrebbe aiutarmi. A quanto pare mi toccherà vedere quella faccia da sbruffone.
Avrei proprio voluto evitare di dovergli chiedere un favore. Di nuovo. O per la prima volta. O quel che è.
Sospiro. "Pearl," dico, "avvia la tuta." Sparo con il cannone ed ecco che si apre un altro portale. "È ora di fare visita a Ekko."
CRONODISCO
Ti è mai capitato di incontrare qualcuno così simile a te che ti sta quasi antipatico, perché foooorse ti ha mostrato chiaramente le cose che odi di te stesso? Anche solo un pochino?
Beh, non è quello che mi sta succedendo con Ekko.
È colpa della cresta.
"Avevi detto addio per sempre," dice, senza nemmeno guardarmi.
"Lo so," rispondo.
"È stato divertente, ma ora non ci rivedremo mai più e, considerando tutto, è meglio così." Continua a darmi le spalle.
Stringo i denti. "Sì. Mi ricordo."
"Sono passati quattro secondi." Appoggia lo strano cubo con cui sta armeggiando e finalmente si gira, a braccia conserte. Quante ne abbiamo passate, per recuperare quell'affare.
"Non per me. Per me è passato molto più tempo." Sento il mio tono lamentoso e mi do fastidio da solo. "È che... avevo bisogno di trovarti in un quando e un dove in cui ti avrei beccato di sicuro."
"Tanti saluti alla tua uscita da duro," dice, e non c'è nulla che mi piacerebbe di più di levargli quel sorrisino dalla faccia. "In che casino ti sei cacciato, questa volta?"
"Oh, niente di che," dico, camminando nella stanza e toccando i vari pannelli e gadget del suo nascondiglio. "Potrei aver avuto qualche problema con un agente..."
"Fin qui niente di nuovo."
"E forse potrei aver... ehm, subito qualche colpo..."
"Non toccare." Le mie dita si fermano, passando sopra una pianta in vaso sospesa in un campo temporale isolato. La guardo mentre si rimpicciolisce, passando da fiore a bocciolo, poi a germoglio, per poi invecchiare nuovamente nella stessa linea temporale, riuscendo in qualche modo a far collassare tutte le eventualità senza generare nuove anomalie. Frattura temporale, la chiama Ekko. Non posso fare a meno di scuotere la testa. Non pensavo che la tecnologia Pulsefire potesse fare qualcosa di simile, e forse nemmeno gli agenti. È genio allo stato puro.
Lo odio.
"Il mio nucleo Pulsefire si è fritto e me ne serve uno nuovo." Quella "verità" che ha funzionato così bene con quell'agente, forse può funzionare anche con Ekko. "Per caso te ne avanza uno?"
Ekko ride. M'incupisco. Non ride di me. Ne ho passate abbastanza, con questo buffone, per capire la differenza, ma fa comunque male.
"OK, certo, va bene. Puoi riparare il mio, allora?"
Si avvicina e dà un'occhiata al mio nucleo. "Questo rottame, dici? Scherzi? Ti sei preso un colpo di blaster a bruciapelo?"
"Forse."
Mi guarda basito. "Sempre proteggere il nucleo!"
"Sempre proteggere il volto!" ribatto.
"Non hai fatto nemmeno quello," risponde, giudicandomi. Tocca il mio naso (decisamente rotto) e io guaisco di dolore.
Faccio una smorfia. "Beh, me ne puoi costruire uno nuovo?" Inizio a suonare disperato, e già Ekko scuote la testa. "Perché no? Hai costruito la tua tuta da zero!"
Lui fa spallucce: "Sì, ma quello zero era il nucleo di cristallo che ho rubato a un agente. Come te."
Non ci posso credere. Anche Ekko ha i suoi limiti.
Non ho più alternative.
Mi lascio cadere su una sedia, come se fossi anestetizzato. "Ho bruciato il mio ultimo salto per venire qui." Mi prendo la testa tra le mani. "Se non puoi ripararlo... beh, è la fine. Ora vivo qui."
"Non penso proprio." Ekko prende la sua maschera dal tavolo col cubo. "È la cosa peggiore che tu abbia mai detto. Non ti voglio qui nel mio flusso temporale. Ti aiuterò."
Non riesco nemmeno a guardarlo. "Che altre opzioni mi rimangono?" chiedo.
"Ruba un nucleo."
Schiocco la lingua, frustrato. "Ci ho provato. Non è mica facile."
Ekko inizia ad armeggiare. Sento un click quando si aggancia la Frattura temporale alla schiena. "Dovremo trovare un pollo da spennare. Qualcuno che sia totalmente impreparato," spiega.
Si avvicina e mi dà una bottarella sulla spalla. Alzo gli occhi. È già pronto a partire. Per aiutarmi. E sapendo da che razza di impresa è appena tornato... dev'essere ancora esausto. Ma mi fa quel sorrisino che detesto e mi dice, "Andiamo, pollo."
Mi viene da sorridere, ma mi fermo appena in tempo.
Maledetto. Ho capito. Sono io il pollo!
"Ti odio," gli dico, abbracciandolo.
"Whoa! Ehi! Non si tocca," urla.
Si dimena, ma io non lo lascio. "Da quant'è che sono qui?"
"Da circa un minuto. Decisamente troppo," aggiunge.
La sua mano è sulla mia faccia, ma gli afferro il polso. "Riportami ad appena prima che arrivassi."
Sbatte le palpebre. "Perché..."
Sorrido. "Ridammi almeno il mio ultimo crono-salto. Così potrò davvero togliere il disturbo per sempre, addio, non ci vedremo mai più, bla bla bla." Allungo la mano per accarezzargli la cresta, ma questa volta è lui ad afferrarmi il polso.
"Non. Toccarmi. I. Capelli," dice con tono glaciale.
Tiro indietro la mano. "Ekko. Per favore. Un ultimo favore. Un ultimo riavvolgimento. Come la volta scorsa."
Mi risponde prendendomi in giro: "L'ultima volta doveva essere l'ultima. E lo sai anche tu, la Frattura temporale non è fatta per trasportare più di una persona."
Faccio un respiro profondo. "Lo so. E uno di questi giorni... mi sdebiterò. Per tutte le ultime volte."
"Hai detto che non ci saremmo più rivisti," dice sospirando.
Gli faccio l'occhiolino. "Aspetta quattro secondi."
Ekko alza gli occhi al cielo e si porta la mano alla schiena. "Sei sfiancante," dice, attivando la sua Frattura temporale.
"Grazie, Ekko." E aggiungo, sorridendo: "Ti devo un favore."
"Siamo a quattro," mi corregge, avvicinandomi a sé mentre tira la corda. Il mondo intorno a noi rallenta, si ferma, poi si riavvolge sempre più rapidamente.
Quanto gli voglio bene.
FLUSSO
Piove a dirotto. In fondo alla strada, il tenue bagliore delle lampade fatica a penetrare il peso del buio. Vedo a malapena a un palmo dal mio naso (ancora decisamente rotto). Mi fa male ogni singola particella del mio essere. All'improvviso c'è un tuono così forte da farmi fischiare le orecchie. Sono uno straccio. Ma non importa.
Conosco così bene questo luogo e questo momento che potrei camminare a occhi chiusi.
Più avanti si apre di scatto la porta doppia di una sorta di negozio. Ne esce un ragazzino malvestito, con una grossa borsa sulle spalle e il viso oscurato dal cappuccio di un mantello pesante. Si guarda alle spalle, sprecando secondi preziosi, per poi iniziare a correre.
Faccio un respiro profondo. "Pearl, fai partire il timer." Vedo il tracciatore partire nella periferia della mia visione.
Mille e uno. Mille e due.
Una figura corpulenta esce dalla stessa porta. La sua arma emana un inconfondibile bagliore blu e l'armatura bianca risplende sotto le tenui luci dei lampioni, nonostante la pioggia.
Mille e undici. Mille e dodici.
Lo seguo di corsa, prendendo scorciatoie che non uso da una vita, ma che sono ancora familiari come la voce di Pearl nelle mie orecchie. Ho una finestra di opportunità molto limitata. E se sbaglio... scuoto la testa. Non posso sbagliare.
Arrivo presto a destinazione, davanti a un imponente edificio simile a un monolite. Trovo l'uscita antincendio, che ha una scala un po' al di fuori della mia portata. Prendo la rincorsa, salto e riesco ad afferrarla a malapena, tirandomi su nonostante le proteste delle mie braccia. Ora ho solo undici piani di scale da salire.
Se ne esco vivo, mi farò un pisolino di dimensioni epiche.
Mille e trentadue. Mille e trentatré.
Raggiungo il tetto e mi accuccio dietro la porta che permette di accedervi dall'interno dell'edificio. Mi abbasso e prendo rapidamente posizione dove la porta si aprirà.
Avanzano trenta secondi, più o meno.
Ho una possibilità di farcela.
Mille e quarantacinque. Mille e quarantasei.
La porta si apre ed esce il ragazzino di prima. Ma l'agente è subito dietro di lui. Lo afferra per il braccio. Uno scontro. Una lotta. La borsa del ragazzo viene strappata e lanciata all'indietro. Verso di me.
Scatto e la afferro, prendendo subito ciò che cerco.
Sento il suono di un blaster che sovrasta la pioggia.
Mille e cinquantacinque. Mille e cinquantasei.
Altri due colpi, in rapida successione. Si sente solo il ciaf ciaf della pioggia. Poi il tonfo sordo di un corpo che cade giù dal tetto.
Non dovrei voltarmi, ma lo faccio.
Il ragazzino è in piedi, con un blaster nelle mani tremanti. Cammina lentamente verso il bordo dell'edificio e si tira giù il cappuccio per guardare il corpo a terra, mostrando i suoi capelli biondi scarmigliati.
Che babbeo. Un vero idiota.
Rimango accucciato nel mio nascondiglio, con la borsa. Risuona una campana in lontananza: i dodici rintocchi della mezzanotte.
Apro la borsa ed estraggo il nucleo Pulsefire agganciato a due bandoliere incrociate, insieme al cannone da braccio sincronizzato. Mi sembrano così piccoli e semplici, rispetto alla tuta che ho costruito e modificato da allora, ma rappresentano la stessa cosa di quando li ho avuti in mano la prima volta:
la libertà.
Mi aggancio il nucleo Pulsefire al torace. Controllo il conto alla rovescia di Pearl. Il me stesso del passato sta per allontanarsi dal bordo. Verrà a cercare la sacca, dov'è caduta. Non la troverà. Andrà nel panico, ma la troverà appesa alla vicina scala antincendio, dove forse è caduta. O almeno così avrei pensato io.
Inserisco manualmente la destinazione nel mio vecchio-nuovo cannone da braccio, miro e sparo. Si apre una porta cristallina. Sorrido.
Sono di nuovo in pista.
Certo, sto doppiamente vivendo con del tempo preso in prestito, anzi, rubato a me stesso. E se non riporterò in tempo il nucleo alla borsa, beh, non voglio nemmeno pensare a quale anomalia creerei. Roba da porre fine a un intero multiverso. Guardo in alto e vedo me stesso camminare nella mia direzione. Tra pochi secondi vedrò che la borsa non c'è. Non c'è tempo.
Ma quando sei un viaggiatore del tempo, non avere tempo vuol dire avere tutto il tempo del mondo. Almeno spero.
SCUDO
Non mi ha notato. Non ancora.
La furtività non è il mio forte. Sono più il tipo che spara subito e le domande non le fa mai. Ma considerando lo stato attuale del mio nucleo Pulsefire... Beh, momenti inusuali impongono tattiche inusuali.
È lì fermo, con lo scudo al suo fianco. La lancia è conficcata a terra lì vicino. Fedele. Lucente. Che noia.
Dopo avermi lasciato in una dimensione alquanto sgradevole (i moscerini succhiasangue non dovrebbero mai essere così grandi), Pearl è riuscita a estrarre abbastanza energia dal mio nucleo per agganciarsi alla crono-impronta di un segnale Pulsefire nei pressi (anche se tutto è relativo, in questo contesto). Buona notizia per me, ma cattiva per l'agente che sto per assaltare per privarlo del suo nucleo Pulsefire.
Perché riparare qualcosa, quando puoi rubarlo... ehm, prenderlo in prestito?
Per uno scherzo del destino, questo agente lo conosco. Pantheon. Un marcantonio. Un tipo burbero: sempre di pessimo umore, forse con una storia tragica alle spalle, bla, bla, bla.
Al momento è sopra le macerie di un edificio che non riconosco. A dirla tutta, non riconosco tutta questa dimensione, che è un po' uno schifo. Strutture in rovina. Vegetazione decimata. Ovunque ci sono segni di guerre chimiche e meccaniche. Che presa male.
Mi sposto in avanti, arrivando comodamente alle sue spalle, e appoggio delicatamente il cannone contro la sua nuca. "Non una mossa," ringhio con la voce più minacciosa che riesco a fare.
Rimane immobile. Da dietro riesco a vedere il suo visore che si anima, forse nel tentativo di capire chi sono.
"Ezreal," dice a bassa voce.
"Come butta, Panth?" dico ridacchiando, per poi ricordarmi che dovrei fare quella cosa della voce ruvida e minacciosa.
"Ero qui a cercarti, quand'ecco che all'improvviso sei tu a venire da me." La calma nelle sue parole è tradita dalla tensione nella sua voce e da un impercettibile movimento dello scalpo, che indica che sta digrignando i denti furiosamente. A parte tutto, sa benissimo che sono a un soffio dal fargli saltare per aria quel bel volto scolpito.
"Senti, Panth, so che sono successe delle cose l'ultima volta che ci siamo visti," dico sporgendomi in avanti. "Ma il fatto è che oggi non ho tempo per te o per questa landa desolata..."
"La responsabilità di questa landa desolata è tua." Lo dice in un modo che mi lascia senza parole. Diretto, innegabile, come un dato di fatto.
"Uh, non penso proprio." So che sta guadagnando tempo. So che non dovrei chiedere perché. È letteralmente quello che ho fatto all'ultimo agente con cui ho parlato.
Non ce la faccio.
"Solitamente mi ricordo quando devasto una dimensione, grazie."
"I rinnegati senza scrupoli come te sono i responsabili di tutto questo." Lo sguardo di Pantheon si posa sul paesaggio devastato davanti a noi, e anch'io non posso fare a meno di guardare. "I salti imprudenti provocano paradossi. I paradossi aprono anomalie nello spazio-tempo. Poi... arrivano i Pretoriani."
Sento un brivido lungo la schiena. Pretoriani... qui...
Pantheon fa per alzarsi e io punto il mio cannone, come avvertimento, preparandolo a sparare. Lui non fa una piega. "Un tempo questa era la mia casa. Mi hanno portato via tutto."
Certo, di rischi ne corro parecchi. A volte pure grossi. Ma non sono mai imprudente. Ma non posso dire di non aver causato qualche paradosso...
"Pantheon," dico, abbassando di qualche centimetro il mio cannone.
Grosso errore.
Pantheon mi salta addosso ed emette una barriera energetica dallo scudo. Io sparo, ma sono in ritardo di una frazione di secondo. Si schianta contro di me, e sento il mio naso rompersi una seconda volta. Sono stordito. La sua mano sinistra si estende per chiamare la sua lancia. Recupero i sensi giusto in tempo per spostarmi via dal suo attacco perforante.
"Risponderai dei tuoi crimini davanti ai Rimembranti!" dice con tono rabbioso.
Accidenti. È subito finita male. Non è uno scontro che posso permettermi in queste condizioni. Pantheon scaglia la sua lancia e io spingo la tuta al limite, spostandomi più che posso su per una collina.
Preparo il cannone da braccio per un crono-salto e sento la tuta vibrare mentre Pearl cerca di convogliare abbastanza energia nel nucleo danneggiato. "Stabilità salto gravemente compromessa, si consigliano i protocolli di sicurezza..."
La lancia di Pantheon vola verso di me e io mi accuccio appena in tempo. Si va a schiantare contro i resti di una grande statua di pietra, riducendola in polvere.
"Pearl! Ignora i protocolli! Ora!" Non voglio aspettare conferme e sparo con il cannone, per poi trovare sollievo mentre attraverso la soglia del portale. Il sollievo viene rapidamente seguito da una scossa di dolore, dovuta all'etere libero tra una dimensione e l'altra. Cado, precipitando verso un destino ignoto...
CONTRATTACCO
Mi sveglio con un sussulto.
Mi fa male tutto. Come se mi avessero sbattuto nella centrifuga della lavatrice.
Qualcuno mi sta tenendo la testa. Vedo il viso di una donna. Rigido e austero, ma al momento ammorbidito dalla preoccupazione.
"Grazie al cielo," dice. "Pensavamo di averti perso in quell'ultimo salto."
"Dove..." provo ad alzarmi, ma un arco di elettricità parte dal nucleo nel mio torace e provoca uno spasmo a tutti i muscoli sul mio lato sinistro, lasciandomi in preda al dolore.
"Non va bene per niente," dice la donna. "Non abbiamo molto tempo. Lui era appena dietro di noi. E lo sciame pretoriano..." Scuote la testa. "Lucian e Pantheon sono andati avanti e Caitlyn sta cercando di salire per trovare una posizione vantaggiosa."
Resisto al dolore e mi alzo in piedi. Conosco due nomi dei tre che ha appena pronunciato, e non sono certo quelli che volevo sentire dopo essermi risvegliato da una caduta nell'ignoto dello spazio-tempo.
Anche la donna si alza, porgendomi le mani per calmarmi.
"Quando mi trovo?" chiedo, tenendomi il torace. "Chi sei?"
Più la guardo, più sono confuso. È chiaramente un'agente. La crono-lama al fianco. Il nucleo Pulsefire della sua tuta, a occhio un modello futuro, più elegante. Quello stupido spallaccio singolo. Che sciocchezza. Roba da Rimembranti.
La confusione si dipinge sul volto della donna, che poi spalanca gli occhi, allarmata. "Non sei il nostro Ezreal," dice.
"Senti, signora, non sono l'Ezreal di nessuno. Sono l'Ezreal di Ezreal." Mi guardo intorno. Sono in una strana sala di bianco metallo, liscio e vivente, con accenti cromati. Le lampade dalle luci blu illuminano il soffitto a intervalli regolari. Sembra quasi di essere dentro una tuta Pulsefire.
Mi viene un brivido di terrore. Non può essere. "Questa... è..."
"La cittadella dei Rimembranti. Ma tu non dovresti essere qui. Non so da quando tu venga, ma te ne devi andare prima di arrivare. Ehm, prima che arrivi l'altro te." La donna stringe gli occhi. "Sarà meglio che arrivi. Se sei morto, ti uccido."
Scuoto la testa. "Non ho idea di cosa o di quando stia succedendo," dico puntandole il cannone da braccio al petto. "Ma ora mi prenderò il tuo nucleo Pulsefire," dico con il tono più minaccioso che posso.
Proprio in quel momento, il cannone da braccio s'inceppa ed emette scintille. "Sistemi da combattimento al dieci per cento dell'energia," mi dice Pearl nell'orecchio, con un volume straordinariamente alto.
A giudicare dall'espressione della donna, l'ha sentito anche lei.
"Ah. Vieni sicuramente dal passato." La donna si pizzica tra gli occhi, come per scacciare un mal di testa. "Avevo dimenticato quanto fossi fastidioso."
Faccio una smorfia adorabile. "Non sono fastidioso. Sono affascinante."
Lei si ferma all'istante. Stringe gli occhi e inizia a marciare verso di me. Faccio un passo indietro, ma ha già coperto la distanza e sta puntando un dito contro il petto.
"Quindi è per questo che mi hai detto quella storia ieri notte." Stringe sempre di più gli occhi. "Di come ti ho già salvato la vita due volte. E di come l'avrei fatto almeno un'altra volta, prima della fine di tutto questo."
"Ascolta, ti giuro che non so di cosa stai parlando..."
Non aspetta nemmeno la mia risposta, ma mi afferra per il torace e mi caccia una mano dentro il colletto. Provo a urlare, ma ha attivato una sorta di meccanismo, e il nucleo sul mio torace inizia a girare e si apre, rivelando i suoi meccanismi.
OK. Non è la prima volta che lo fa, è evidente.
Prima che possa protestare, dai suoi guanti emergono nodi diagnostici e microstrumenti, e si mette al lavoro.
"Lo stai... riparando?" chiedo, incredulo.
"Sei stato proprio un idiota. Guarda. Che razza di danni. Hai combattuto con Lucian? Hai combattuto con Lucian. Incredibile che non ti abbia ucciso. Ha sempre avuto una mira migliore." Non sta nemmeno parlando con me, ma borbotta sottovoce mentre lavora. Cerco di stare fermo. Lo so persino io che è meglio evitare movimenti bruschi, quando c'è un nucleo energetico cronomanipolante aperto ed esposto.
Sentiamo un rumore nella sala, seguito dall'inconfondibile suono dei blaster. Cambio espressione e abbasso il collo per guardare, ma la donna mi dà uno strattone sulla tuta.
"Sta' fermo," mi dice.
Volano scintille blu e piccoli sbuffi di fumo, poi mi lascia andare e il nucleo ruota e torna in posizione. Abbasso lo sguardo. Il bagliore è più tenue del solito, ma non ci sono più archi di elettricità ogni manciata di secondi.
"Funziona," dico meravigliato.
"Per un solo ultimo salto, prima che si rompa del tutto. Forse," dice. "Ora vai!"
Si gira per andarsene, poi si ferma. Infila una mano in tasca e mi lancia qualcosa. La afferro.
"Quando ci incontreremo, non avrò pietà," dice. "Ricordati di mostrarmi quella. Altrimenti ti ucciderò."
Si tratta di una moneta con uno stemma, una lama sottile incisa sopra una rosa stilizzata. Ho così tante domande. Ma delle voci, seguite dal suono dei blaster, riecheggiano nella sala.
"E sono due," dice la donna tra sé e sé. "Non c'è tempo di vedere come andrà la terza. Due dovranno bastare."
"Non sei molto rassicurante!" le dico urlando, ma lei sta già correndo. M'ignora, gira l'angolo e sparisce.
Tocco il nucleo sul mio torace. Un ultimo salto, eh? Non posso farci niente. Rimane solo una persona che potrebbe aiutarmi. A quanto pare mi toccherà vedere quella faccia da sbruffone.
Avrei proprio voluto evitare di dovergli chiedere un favore. Di nuovo. O per la prima volta. O quel che è.
Sospiro. "Pearl," dico, "avvia la tuta." Sparo con il cannone ed ecco che si apre un altro portale. "È ora di fare visita a Ekko."
CRONODISCO
Ti è mai capitato di incontrare qualcuno così simile a te che ti sta quasi antipatico, perché foooorse ti ha mostrato chiaramente le cose che odi di te stesso? Anche solo un pochino?
Beh, non è quello che mi sta succedendo con Ekko.
È colpa della cresta.
"Avevi detto addio per sempre," dice, senza nemmeno guardarmi.
"Lo so," rispondo.
"È stato divertente, ma ora non ci rivedremo mai più e, considerando tutto, è meglio così." Continua a darmi le spalle.
Stringo i denti. "Sì. Mi ricordo."
"Sono passati quattro secondi." Appoggia lo strano cubo con cui sta armeggiando e finalmente si gira, a braccia conserte. Quante ne abbiamo passate, per recuperare quell'affare.
"Non per me. Per me è passato molto più tempo." Sento il mio tono lamentoso e mi do fastidio da solo. "È che... avevo bisogno di trovarti in un quando e un dove in cui ti avrei beccato di sicuro."
"Tanti saluti alla tua uscita da duro," dice, e non c'è nulla che mi piacerebbe di più di levargli quel sorrisino dalla faccia. "In che casino ti sei cacciato, questa volta?"
"Oh, niente di che," dico, camminando nella stanza e toccando i vari pannelli e gadget del suo nascondiglio. "Potrei aver avuto qualche problema con un agente..."
"Fin qui niente di nuovo."
"E forse potrei aver... ehm, subito qualche colpo..."
"Non toccare." Le mie dita si fermano, passando sopra una pianta in vaso sospesa in un campo temporale isolato. La guardo mentre si rimpicciolisce, passando da fiore a bocciolo, poi a germoglio, per poi invecchiare nuovamente nella stessa linea temporale, riuscendo in qualche modo a far collassare tutte le eventualità senza generare nuove anomalie. Frattura temporale, la chiama Ekko. Non posso fare a meno di scuotere la testa. Non pensavo che la tecnologia Pulsefire potesse fare qualcosa di simile, e forse nemmeno gli agenti. È genio allo stato puro.
Lo odio.
"Il mio nucleo Pulsefire si è fritto e me ne serve uno nuovo." Quella "verità" che ha funzionato così bene con quell'agente, forse può funzionare anche con Ekko. "Per caso te ne avanza uno?"
Ekko ride. M'incupisco. Non ride di me. Ne ho passate abbastanza, con questo buffone, per capire la differenza, ma fa comunque male.
"OK, certo, va bene. Puoi riparare il mio, allora?"
Si avvicina e dà un'occhiata al mio nucleo. "Questo rottame, dici? Scherzi? Ti sei preso un colpo di blaster a bruciapelo?"
"Forse."
Mi guarda basito. "Sempre proteggere il nucleo!"
"Sempre proteggere il volto!" ribatto.
"Non hai fatto nemmeno quello," risponde, giudicandomi. Tocca il mio naso (decisamente rotto) e io guaisco di dolore.
Faccio una smorfia. "Beh, me ne puoi costruire uno nuovo?" Inizio a suonare disperato, e già Ekko scuote la testa. "Perché no? Hai costruito la tua tuta da zero!"
Lui fa spallucce: "Sì, ma quello zero era il nucleo di cristallo che ho rubato a un agente. Come te."
Non ci posso credere. Anche Ekko ha i suoi limiti.
Non ho più alternative.
Mi lascio cadere su una sedia, come se fossi anestetizzato. "Ho bruciato il mio ultimo salto per venire qui." Mi prendo la testa tra le mani. "Se non puoi ripararlo... beh, è la fine. Ora vivo qui."
"Non penso proprio." Ekko prende la sua maschera dal tavolo col cubo. "È la cosa peggiore che tu abbia mai detto. Non ti voglio qui nel mio flusso temporale. Ti aiuterò."
Non riesco nemmeno a guardarlo. "Che altre opzioni mi rimangono?" chiedo.
"Ruba un nucleo."
Schiocco la lingua, frustrato. "Ci ho provato. Non è mica facile."
Ekko inizia ad armeggiare. Sento un click quando si aggancia la Frattura temporale alla schiena. "Dovremo trovare un pollo da spennare. Qualcuno che sia totalmente impreparato," spiega.
Si avvicina e mi dà una bottarella sulla spalla. Alzo gli occhi. È già pronto a partire. Per aiutarmi. E sapendo da che razza di impresa è appena tornato... dev'essere ancora esausto. Ma mi fa quel sorrisino che detesto e mi dice, "Andiamo, pollo."
Mi viene da sorridere, ma mi fermo appena in tempo.
Maledetto. Ho capito. Sono io il pollo!
"Ti odio," gli dico, abbracciandolo.
"Whoa! Ehi! Non si tocca," urla.
Si dimena, ma io non lo lascio. "Da quant'è che sono qui?"
"Da circa un minuto. Decisamente troppo," aggiunge.
La sua mano è sulla mia faccia, ma gli afferro il polso. "Riportami ad appena prima che arrivassi."
Sbatte le palpebre. "Perché..."
Sorrido. "Ridammi almeno il mio ultimo crono-salto. Così potrò davvero togliere il disturbo per sempre, addio, non ci vedremo mai più, bla bla bla." Allungo la mano per accarezzargli la cresta, ma questa volta è lui ad afferrarmi il polso.
"Non. Toccarmi. I. Capelli," dice con tono glaciale.
Tiro indietro la mano. "Ekko. Per favore. Un ultimo favore. Un ultimo riavvolgimento. Come la volta scorsa."
Mi risponde prendendomi in giro: "L'ultima volta doveva essere l'ultima. E lo sai anche tu, la Frattura temporale non è fatta per trasportare più di una persona."
Faccio un respiro profondo. "Lo so. E uno di questi giorni... mi sdebiterò. Per tutte le ultime volte."
"Hai detto che non ci saremmo più rivisti," dice sospirando.
Gli faccio l'occhiolino. "Aspetta quattro secondi."
Ekko alza gli occhi al cielo e si porta la mano alla schiena. "Sei sfiancante," dice, attivando la sua Frattura temporale.
"Grazie, Ekko." E aggiungo, sorridendo: "Ti devo un favore."
"Siamo a quattro," mi corregge, avvicinandomi a sé mentre tira la corda. Il mondo intorno a noi rallenta, si ferma, poi si riavvolge sempre più rapidamente.
Quanto gli voglio bene.